INFN sez. di Bari
Dipartimento di Fisica dell’Università e del
Politecnico di Bari
Bari – 24 gennaio 2001
Nicola Cufaro Petroni
http://www.fas.org/index.html
http://www.janes.com/
http://web.ead.anl.gov/uranium/indexnav.cfm
http://www.gulflink.osd.mil/du_index.htm
http://www.rand.org/publications/MR/MR1018.7/MR1018.7.html/
Molta altra informazione è disponibile in rete su siti ai quali
qui non si fa riferimento solo per ragioni di spazio. Sugli effetti biologici
delle radiazioni ionizzanti, inoltre, possono utilmente essere consultati
gli articoli dell’Enciclopedia della Fisica (IEI – Treccani).
Il DU (Depleted Uranium, Uranio Impoverito) non è combustibile
nucleare esaurito (molto radioattivo), e non è prodotto da riprocessamento
di scorie radioattive. Oggi però ci sono dubbi su queste affermazioni:
vedi una breve discussione alla fine di queste note.
Il DU non serve per produrre combustibili o esplosivi nucleari; non
esce da una centrale nucleare, ma da impianti di arricchimento, ed è
un sottoprodotto di processi di arricchimento ed impoverimento.
Isotopi naturali dell’U: 238U, 235U, 234U.
Chimicamente sono identici.
Attività di 1 mg (vedi dettagli in Tavola
1):
238U = 12.5 mBq (1 decadimento ogni 80 sec)
235U = 83.3 mBq (1 decadimento ogni 12 sec) ; 235U/238U
= 6.7
234U = 225,400.0 mBq (225 decadimenti al sec); 234U/238U
= 18,000
Composizione dell’U naturale:
238U = 99.3% ; 235U = 0.7% ; 234U = 0.005%
Attività totale di 1 mg di U naturale: 25.4 mBq (1 decadimento
ogni 40 sec); è considerato debolmente radioattivo (necessita di
arricchimento per sostenere una reazione a catena).
Livelli di arricchimento in 235U:
per reattori > 5% ; Highly Enriched > 20% ; Weapon Grade > 90%
Teoricamente il DU è definito dal fatto che la concentrazione dell’isotopo 235U è inferiore a 0.7%. La composizione tipica del DU è:
238U = 99.8% ; 235U = 0.2% ; 234U = 0.001%
Attività totale di 1 mg di DU: 14.8 mBq (1 decadimento
ogni 70 sec). Il DU è meno (non più) radioattivo (circa 60%)
dell’U naturale: è vero che esso contiene anche eventuali prodotti
successivi di decadimenti, ma questi sono presenti anche nell’U naturale
naturale. Gli studi sull’U naturale (più numerosi) sono quindi un
caso peggiore rispetto al DU: osservazione utile perché le indagini
epidemiologiche sono note principalmente sull’U naturale.
L’U è principalmente un emettitore a(radiazione
poco penetrante)
Quantità stimata di DU depositata in USA: 560,000 Ton (Fig
1, Fig 2)
Il DU (come anche l’U naturale) ha effetti biologici perché
radioattivo, ma anche, e principalmente, perché è chimicamente
tossico come tutti i metalli pesanti.
Circa gli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti (a,
b,
g)
va innanzitutto detto che vanno distinti quelli delle grandi e delle piccole
dosi: esse provocano rispettivamente effetti deterministici e stocastici.
Gli effetti deterministici si producono se il numero di cellule colpite
supera una data soglia. Tipicamente l’esposizione deve superare circa 105
mrem in minuti o giorni. In questo caso la gravità dell’effetto
dipende dalla quantità di esposizione sopra la soglia; sotto la
soglia invece gli effetti non si presentano. L’organismo umano, infatti,
ha dei meccanismi di riparazione del danno sulle cellule, se tale danno
non è eccessivo. In caso contrario se no ci sono manifestazioni
acute deterministiche.
Per il DU si tratta sempre in ogni caso di esposizioni sotto soglia
(anche nei casi peggiori) e dunque si tratta di stimare i rischi di effetti
stocastici. Questi effetti, più elusivi, si presentano come
aumento di probabilità di malattie (vari tipi di cancro e difetti
genetici) che per altro verso sono endemiche. Caratteristiche di questo
tipo di effetti:
Gli effetti tossici (metalli pesanti) sono in genere
giudicati peggiori di quelli radiologici. L’U ingerito viene presto eliminato,
ma non tutto (ne resta il 10%).
Bisogna distinguere tra composti solubili (più mobili nell’organismo)
ed insolubili (relativamente fissi) dell’U. Tipicamente quelli solubili
provocano maggior danno chimico; quelli insolubili maggior danno radiologico.
Gli effetti di tossicità chimica si manifestano principalmente sui
reni dove si deposita di preferenza.
Uso militare: sotto forma di lega con altri metalli viene usato
come penetratore di armature, non come esplosivo nucleare o contaminante
o arma chimica.
Un’alternativa al DU per questo scopo è il tungsteno, sul quale
il DU ha però diversi vantaggi: abbondanza a basso costo; elevata
densità (19 g/cm3); è piroforico (si incendia se ridotto
in piccole particelle ad elevata temperatura); nell’impatto è self-sharpening
(diversamente dal tungsteno che è mushrooming).
Proiettili penetranti al DU sono più efficaci di quelli esplosivi
ad alto potenziale.
Proiettili di due calibri:
Non vi sono al momento trattati vincolanti che vietano l’uso militare del DU.
Stima comunemente accettata delle quantità usate nel Golfo e in Jugoslavia (si tiene conto solo dei proiettili anti-tank):
Golfo
Stima dei rischi di deboli irraggiamenti (sotto
la soglia di effetti deterministici): vanno distinti i rischi per i militari
USA coinvolti in incidenti con presenzxa di DU, ed i rischi per la popolazione
civile dovuti al rilascio di DU nell’ambiente.
Va notato preventivamente, comunque, che i rischi dovuti alla tossicità
chimica sono ritenuti maggiori di quelli radiologici.
I rischi di irraggiamernto dall’esterno sono generalmente ritenuti
trascurabile (il DU è principalmente emettitore a, radiazione poco
penetrante) anche per coloro coinvolti negli incidenti. L’irraggiamento
esterno può avere conseguenze solo in casi di esposizione molto
ravvicinata (non schermata in nessun modo) e prolungata.
Più complessa la stima dei rischi dovuti ad inalazione o ingestione
di DU. Sono noti gli studi su 33 casi di militari coinvolti in incidenti
di friendly fire : assunzione di quantità rilevanti in poco tempo.
Il Dipartimento della Difesa USA ammette oggi che c’è stata scarsa
prevenzione ed informazione anche nei confronti dei militari USA nella
Guerra del Golfo. I risultati dello studio sui questi veterani del Golfo
non mostra particolari effetti radiologici di tipo stocastico. Non è
chiaro se questi soggetti sono un esempio significativo per stimare gli
effetti sulle popolazioni esposte al DU rilasciato nell’ambiente.
Altra letteratura epidemiologica è disponibile e riguarda l’U
naturale (lavoratori delle miniere, degli impianti, personale coinvolto
in incidenti)
Problema della stima degli effetti a lungo termine per deboli esposizioni.
I rischi provengono dalla diffusione delle polveri contaminate dovute all’impatto
dei proiettili ed alla loro successiva risospensione. La stima richiede
modelli, simulazioni ed ipotesi che sono incerte, discutibili e controverse.
Sono modelli probabilistici per meccanismi di ingestione ed inalazione
successive al periodo del combattimento.
Bisogna inoltre paragonare stime calcolate con dati numerici delle
esposizioni quotidiane ordinarie.
Ovviamente le morti sospette di militari ci sono state (anche se non
è chiaro se e quanto esse eccedano il livello ordianrio), ma bisogna
capire a che cosa sono dovute.
Va osservato che sotto la soglia degli effetti deterministici e a parità
di radiazione totale assorbita si ritiene meno grave una esposizione prolungata
a radiazioni deboli (da inquinamento ambientale) che una esposizione breve
a radiazioni più intense (caso dei soldati colpiti per errore):
radiazioni più deboli danno il tempo all’organismo di riparare il
danno biologico.
Si riportano alcune stime (vedi dettagli sull’articolo
originale): esse sono dell’ordine di unità/diecine di casi di
tumore eccedenti i livelli ordinari calcolati per le 300 Ton di DU utilizzate
nella Guerra del Golfo.
Il modello lineare prevede che 2.000 person-rem »
1 morte di cancro in più.
300 Ton di DU su territorio con densità media di 50 persone/Km2
corrispondono a:
» 20 peson-rem per anno per esposizione esternaAmpi margini di incertezza dovuti alla discutibilità di stime ed ipotesi.
» 40 ¸ 20.000 person-rem per inalazione
» 30 ¸ 14.000 person-rem per ingestione
Bisogna infine confrontare le dosi con i valori numerici tipici:
Osservazioni conclusive