L'IRAQ FRA GUERRA E DISARMO

 

 

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RIASSUNTO: L'obiettivo del disarmo dell'Iraq non richiede un intervento armato preventivo. L'USPID ritiene necessario disarmo dell'Iraq motivato alle risoluzioni 687 (1991) e 1441 (2002) del Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Le ispezioni UNSCOM/IAEA dal 1991 al 1998 hanno raggiunto risultasti non isprezzabili in questo campo; ma le zone d'ombra lasciate da quel lavoro, e il successivo periodo di assenza di ispezioni dal 1999 al 2003, hanno fatto sorgere moltio dubbi sulla ripresa dei programmi militari di Baghdad. Non sembra pero' che le nuove ispezioni dell'UNMOVIC/IAEA abbiano confermato tali sospetti; inoltre le accuse di legami con il terrorismo non hanno trovato conferme precise. Non e' quindi credibile motivare un intervento militare con la necessita' del disarmo dell'Iraq. Se armi proibite fossero trovate, si potrebbe sempre distruggere come fu fatto dal 1991 al 1998, senza impegnarsi in un intervento armato preventivo dalle conseguenze imprevedibili. Inoltre gli obiettivi delle risoluzioni ONU possono essere raggiunti mediante il controllo degli armamenti, con un sistema di ispezioni coercitive e con una politica di contenimento.

 

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Il mondo sembra muoversi inesorabilmente verso un intervento armato in Iraq, con o senza l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. La principale motivazione addotta è l’accusa secondo la quale l’Iraq detiene armi di distruzione di massa. Particolare urgenza aggiunge a questa decisione il sospetto che Baghdad intrattenga rapporti con una rete internazionale di terroristi, in particolare con Al Qaeda.

 

In qualità di scienziati interessati al controllo degli armamenti riteniamo che occorra fare ogni sforzo per controllare, ed in prospettiva eliminare, la proliferazione di armi di distruzione di massa. Ma l’ampiezza dell’allarme sollevato in questi giorni non ci pare sufficientemente giustificato da quel che è noto, da quel che è stato recentemente rivelato, e dalle relazioni finora presentate dell’UNMOVIC e dall’IAEA (27 gennaio 2003 e 14 febbraio 2003). Pertanto consideriamo l’eventualità di un intervento armato - che in assenza di atti apertamente aggressivi o di serie minacce si qualificherebbe come preventivo - come non sufficientemente motivato ne' da ragioni di legittima difesa, ne' dalla necessita' di disarmare un regime pericoloso. Tale intervento, invece, rappresenterebbe paradossalmente una grave sconfitta per il controllo degli armamenti e un serio incentivo alla proliferazione.

 

L’Iraq è sottoposto, in virtù della Risoluzione 687 (3 aprile 1991) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ad un regime particolarmente rigoroso di disarmo: in particolare gli è interdetto il possesso di armi nucleari, chimiche, biologiche e di missili balistici con gittata superiore a 150 Km e gli è stato imposto di smantellare tutti i programmi di sviluppo e produzione di tali armi (l’Iraq è parte del Trattato di Non Proliferazione nucleare e della Convenzione sulle Armi Biologiche, ma non della Convenzione sulle Armi Chimiche). Questo regime è stato adottato a causa del fatto che l’Iraq ha aggredito due volte paesi vicini (Iran, Kuwait),  e ha usato armi chimiche in guerra anche contro la propria popolazione (Halabja 1988). La Risoluzione 1441 (8 novembre 2002) ha confermato queste decisioni e, prendendo atto dei seri dubbi nutriti sul fatto che l’Iraq possieda ancora oggi armi di distruzione di massa, ha deciso di sottoporlo ad un sistema di ispezioni rafforzate allo scopo di completare il processo di disarmo. La risoluzione pone anche l’Iraq in guardia contro le serie conseguenze che potrebbero derivare dalla violazione continuata dei propri obblighi. Siamo convinti che le ragioni che imposero queste limitazioni particolarmente rigorose siano fondate; tuttavia riteniamo che l’Iraq, sottoposto ad un regime di controlli rigorosi quale quello ora in vigore, eventualmente rafforzato, non possa rappresentare una minaccia seria per la comunità internazionale; almeno non tale da giustificare un attacco preventivo.

 

Bisogna ricordare che il disarmo dell’Iraq è stato già condotto molto avanti dall’importante lavoro  dell’UNSCOM e dell’IAEA negli anni dal 1991 al 1998. Come risulta dal rapporto al Consiglio di Sicurezza presentato nel marzo 1999 da una apposita commissione "il grosso dei programmi di armi vietate dell’Iraq è stato eliminato", anche se "importanti elementi devono ancora essere risolti". In particolare (fonte: Arms Control Association su www.armscontrol.org):

 

* Il programma di armi nucleari (inizialmente tenuto nascosto dall’Iraq) è stato completamente scoperto e smantellato - materiali fissili, installazioni e strumentazione - entro febbraio 1994. Un rapporto dell’IAEA nel febbraio 1999 dichiarava che nessuna evidenza suggeriva che l’Iraq fosse riuscito a produrre armi nucleari. Inoltre "non sono state rivelate indicazioni del fatto che l’Iraq possieda armi nucleari o quantità significative di materiali nucleari usabili per armi, o che l’Iraq abbia mantenuto qualche capacità pratica (installazioni o strumenti) per la produzione di tale materiale." Mancavano però importanti documenti tecnici sui progetti e sui programmi.

 

* L’UNSCOM ha supervisionato lo smantellamento del principale complesso industriale di produzione di armi chimiche ad Al Muthanna, la distruzione di 690 Ton di agenti chimici, 6.000 Ton di precursori e 600 strumenti di produzione; ha distrutto più di  38.000 munizioni chimiche (piene e vuote); ha certificato la distruzione di 38.000 munizioni speciali e 823 Ton di precursori durante l’operazione Desert Storm, e la successiva distruzione da parte dell’Iraq di 13.660 munizioni speciali, 200 Ton di precursori e di altri 600 strumenti di produzione. Infine l’UNSCOM ha scoperto il programma di produzione dell’agente nervino VX che l’Iraq aveva inizialmente nascosto. Manca però documentazione su precedenti forniture di prodotti chimici, non si è potuta verificare la distruzione unilaterale di 16.000 munizioni vuote e non si era ancora raggiunta un’immagine completa di alcuni programmi. C’è inoltre documentazione che indica che l’Iraq avrebbe usato 6.000 munizioni chimiche in meno di quanto precedentemente dichiarato, mentre mancano resoconti di 550 proiettili con gas mostarda e 500 bombe aeree R-400 (alcune delle quali armate con agenti biologici). Infine l’Iraq ha ammesso di aver prodotto 3.9 Ton di VX, ma di non aver mai prodotto le armi corrispondenti. Inoltre ha dichiarato di averne distrutto unilateralmente 1.5 Ton.

 

* Il programma di armi biologiche è stato a lungo tenuto nascosto dall’Iraq ed è stato scoperto solo nel 1995. I funzionari hanno fornito resoconti contrastanti sulle quantità e i tipi di agenti e di proiettili prodotti. L’UNSCOM ha supervisionato lo smantellamento del principale impianto di produzione ad Al Hakam, la distruzione di 60 strumenti di produzione da altri tre impianti, e di circa 22 Ton di colture per agenti biologici. Gli ispettori non sono però stati in grado di confermare il numero di armi prodotte e valutavano che manca qualunque resoconto di 2.16 Ton di colture. In assenza di documentazioni importanti un resoconto dell’UNSCOM del gennaio 1999 dichiarava che "non c’è confidenza che il grosso degli agenti sia stato distrutto; che non restino armi o munizioni biologiche in Iraq; e che capacità biologiche non esistano ancora in Iraq."

 

* L’UNSCOM ha supervisionato o certificato la distruzione di 817 su 819 missili balistici proibiti importati prima del 1991, di 15 lanciatori mobili, di 56 lanciatori fissi, di 50 testate (comprese 30 chimiche) e di 20 Ton di carburante; sono state anche smantellati diversi impianti per la produzione autonoma di missili. Nel gennaio 1999 però l’UNSCOM ha dichiarato di non poter certificare che l’Iraq aveva distrutto unilateralmente componenti e installazioni. In particolare, in mancanza di documentazione, c’erano dubbi sulla continuazione del programma autonomo (ad esempio l’Iraq ha tentato di importare giroscopi per missili anche dopo il 1991) e sulla dichiarazione che non fosse ancora stato prodotto nessun missile Al Hussein. Ci sono inoltre dubbi sulla distruzione unilaterale di 50 testate convenzionali, di 500 Ton di propellente liquido e di 7 missili prodotti autonomamente.

 

A causa della crisi dei rapporti con l’ONU, dal dicembre 1998 in Iraq non ci sono più stati ispettori fino al 27 novembre 2002, data dell’arrivo dell’UNMOVIC e dell’IAEA: questo lungo intervallo di tempo ha fatto sospettare che i programmi proibiti potessero essere ripresi. In particolare i rischi per i programmi chimico e biologico sono più reali di quelli del programma nucleare: i processi industriali per armi chimiche e biologiche sono infatti vicini ad analoghi processi civili. Nel caso di armi nucleari, invece, per la produzione di materiale fissile ci vogliono installazioni specifiche e poco nascondibili per le loro dimensioni e per le loro caratteristiche. Inoltre i movimenti dei materiali fissili sono molto più rigorosamente controllati di quel che avviene per i prodotti chimici e biotecnologici. In particolare si accusa l’Iraq di avere delle scorte nascoste di VX e di botulino, di lavorare ancora alla produzione di missili proibiti e di tentare di riavviare un programma nucleare (in relazione al quale è stato notato il tentativo di acquisto di un gran numero di tubi di alluminio per i quali si sospetta che possano servire per centrifughe per l’arricchimento dell’uranio).

 

Le relazioni dell’UNSCOM del 27 gennaio e del 14 febbraio 2003 hanno però sostanzialmente confermato la valutazione del 1999. Dopo aver denunciato la mancanza di cooperazione da parte dell’Iraq e aver riproposto i dubbi sulle armi chimiche e biologiche, H.Blix ha sollevato alcuni problemi come ad esempio:

 

* Discrepanze numeriche fra differenti dichiarazioni prodotte dall’Iraq non consentono di rendere conto di circa 6.500 bombe per circa 1.000 Ton di agenti chimici.

* Assenza di evidenze della distruzione di circa 8.500 Lt di antrace.

* Gittate fino a 183 Km di alcuni missili balistici (in particolare l’Al Samoud 2) sviluppati negli ultimi quattro anni; queste gittate sono comunque molto inferiori a quelle degli SCUD usati dall’Iraq nel 1991.

 

Le relazioni dell’IAEA presentate nelle stesse date confermano che non vi è evidenza di una ripresa del programma nucleare, e sostengono che è credibile che i tubi di alluminio citati in precedenza fossero destinati alla costruzione di razzi permessi dalla Risoluzione 687 (anche se l’acquisto di componenti di armi è proibito dalla medesima Risoluzione). Inoltre l’IAEA "si attende nei prossimi mesi ... di essere in grado di fornire rassicurazioni credibili che l’Iraq non ha un programma di armi nucleari. Nel frattempo la presenza in Iraq di ispettori con vasta autorità di investigazione e controllo serve come deterrente per, e come assicurazione contro, la ripresa delle attività nucleari vietate in Iraq."

 

Sarebbe un errore sottovalutare i problemi esposti: ogni sforzo deve essere fatto per recuperare l’eventuale VX nascosto o il botulino sottratto ai controlli. A questo scopo devono essere resi noti all’UNMOVIC e all’IAEA tutti i dati di intelligence posseduti da altri stati membri, come peraltro richiede il punto 10 della Risoluzione 1441. Allo stato attuale, però, non riteniamo che i sospetti citati possano essere considerati motivo ufficiente per interventi militari preventivi basati sul principio dell’autodifesa, l’unico che possa giustificare l’uso della forza in base alla Carta delle Nazioni Unite. Piuttosto riteniamo che all’UNMOVIC e all’IAEA debba essere dato tutto il tempo necessario per portare a compimento il disarmo dell’Iraq: l’esperienza e i successi delle ispezioni tra il 1991 e il 1998 ci confortano in questa direzione.

 

Scopo del controllo degli armamenti e delle verifiche di accordi e risoluzioni non è mai la certezza assoluta del rispetto dei trattati, ma l’interdizione di significative violazioni di questi. Controlli con una ragionevole soglia di significatività sono possibili anche senza la collaborazione del paese interessato. Nel nostro caso, trattandosi di un disarmo imposto all’Iraq in conseguenza di una sconfitta militare, è improprio attendersi una collaborazione piena come nel caso di chi disarma volontariamente. Si può solo pretendere che non ci sia ostruzionismo. Per questo non riteniamo che l’assenza di collaborazione volontaria - pur richiesta dalla Risoluzione 1441 - possa essere considerata come motivo determinante per un intervento militare. Ricordiamo d’altra parte che gli importanti successi dell’UNSCOM nel 1991/98 sono stati ottenuti nonostante l’aperto ostruzionismo dell’Iraq. L’attuale regime di ispezioni opera invece in un ambiente decisamente più favorevole e rende molto difficile qualunque violazione significativa degli impegni di disarmo.

 

L’accusa di intrattenere rapporti con organizzazioni terroristiche è un punto delicato: anche piccole quantità di armi chimiche o biologiche in mano a terroristi sarebbero estremamente pericolose. Nulla però è noto con ragionevole sicurezza su rapporti di questo genere intrattenuti dall’Iraq. Le informazioni finora diffuse sembrano essere state prese poco sul serio anche dai servizi segreti americani, e le notizie di intelligence presentate da paesi diversi sono divergenti. D’altra parte non si capisce perché evidenze così importanti, se ci fossero, sarebbero state tenute celate così a lungo da chi le possiede. A tutt’oggi ci sono solo degli argomenti di plausibilità ai quali però si possono opporre analoghi contro argomenti. Il regime laico di Baghdad e i terroristi islamici sono divisi dall’ideologia, ma questo ostacolo potrebbe essere superato dal riconoscimento di un comune avversario: gli USA. Se però veramente questo legame fosse reale è presumibile che armi di distruzione di massa sarebbero già passate in mani pericolose e, vista la dimensione degli attentati del settembre 2001, sarebbero già state usate. D’altra parte bisogna osservare che un intervento militare potrebbe essere paradossalmente proprio la buona occasione per il paventato trasferimento di armi vietate dall’Iraq (se le detiene) a gruppi terroristici: questo potrebbe avvenire non solo nella confusione della battaglia, ma anche come deliberato atto di rappresaglia da parte di un regime condannato. È invece presumibile che il governo di Baghdad abbia oggi come obiettivo principale la sua propria sopravvivenza, e sappia che un rapporto con gruppi terroristici, che difficilmente rimarrebbe segreto a lungo, sarebbe un gioco eccessivamente pericoloso e fornirebbe un ottimo pretesto a chi si prefigge come scopo un cambiamento di regime.

 

In conclusione, se lo scopo della comunità internazionale è, nel rispetto delle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, il disarmo dell’Iraq, noi riteniamo che questo risultato possa essere raggiunto senza un intervento militare dalle conseguenze imprevedibili (vedi anche ad esempio J.Cirincione, J.T.Mathews e G.Perkovich "Iraq: what next?" Carnegie Endowment for International Peace 2003, disponibile su www.ceip.org/files/Iraq/index.htm). Innanzitutto se si scoprisse che l’Iraq continua a detenere armi proibite, questo non può di per sé costituire motivo per un intervento armato che rischierebbe di rivelarsi come una reazione del tutto sproporzionata: gli ispettori dell’UNMOVIC hanno invece tutta l’autorità e la capacità, come nel caso dell’UNSCOM, per procedere alla distruzione dei materiali e allo smantellamento degli impianti vietati. In secondo luogo riteniamo che i problemi sollevati dalla pericolosità dell’attuale governo dell’Iraq possano essere tenuti sotto controllo mediante:

 

1. un regime di ispezioni coercitive - prosecuzione di quelle attualmente in corso, eventualmente rafforzate -  che renda praticamente impossibili violazioni significative dei limiti imposti agli armamenti dell'Iraq;

2. una politica di contenimento e deterrenza che renda chiaro che ogni aggressione di altri paesi, o seria minaccia di tale aggressione, verrà contrastata con la forza e con tutti i mezzi ritenuti necessari.

 

Viceversa l'uso della forza in queste condizioni non potrebbe che essere considerato come una grave sconfitta del controllo degli armamenti: esso infatti segnerebbe il fallimento dei metodi diplomatici finora usati per limitare i pericoli di proliferazione. Inoltre non e' trascurabile il rischio che questo esito induca altri regimi, che si sentano minacciati da questo tipo di attacchi preventivi, a tentare di dotarsi tempestivamente di armi di distruzione di massa - in particolare di armi nucleari - nella speranza che esse possano renderle immuni da possibili futuri interventi militari: paradossalmente il risultato finale della guerra in Iraq potrebbe essere quello di un serio incentivo alla proliferazione di armi di distruzione di massa.

 

Per tutti questi motivi riteniamo che non sia credibile motivare un intervento militare preventivo contro l'Iraq sulla base delle necessita' imposte dal disarmo di questo paese, e pensiamo invece che andrebbe dato all'UNMOVIC e all'IAEA tutto il tempo necessario per svolgere il loro lavoro e raggiungere i risultati richiesti da un serio processo di controllo degli armamenti.

 

USPID (Unione Scienziati Per Il Disarmo)

marzo 2003

 

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NOTA: Questo documento è il frutto di un dibattito interno all'USPID durato più di due mesi e riflette l'opinione di una larga maggioranza (ma non della totalità) dell'Associazione. La discussione - che si è svolta completamente via email in modo da dare a tutti i componenti la possibilità di esprimere la loro opinione - è disponibile all'indirizzo web http://www.cisp.unipi.it/links/USPIDIraq.htm e costituisce un utile complemento alla lettura di questo documento. Esso, data la natura dell'USPID, si limita a discutere gli argomenti legati a problemi di disarmo e di controllo degli armamenti senza addentrarsi in discussioni politiche, morali o economiche che invece hanno trovato spazio nel dibattito.

 

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USPID - Segreteria Nazionale

Prof. Nicola Cufaro Petroni

Dipartimento di Matematica dell'Universita' di Bari

cufaro@ba.infn.it

Tel 080 5232289

Fax 080 5442470